Il Centro Analisi Biallo effettua tutti i test riguardanti i problemi della nutrizione, tra cui:
INTOLLERANZE ALIMENTARI
Capita a volte, pur senza essere affetti da una malattia precisa, di soffrire di disturbi ricorrenti e persistenti di cui non si riesce a venire a capo: gonfiori, capogiri, cefalea, stanchezza cronica, dermatiti o improvvisi cambiamenti di peso, ma anche astenia, insonnia, forme lievi di depressione. La causa potrebbe essere un’ intolleranza alimentare .
E’ l’intestino che si ribella ai cibi “sbagliati”.
Le persone che sono affette da intolleranze accusano disturbi per anni, provando ogni tipo di cura senza accorgersi che tutto può dipendere da un certo alimento non gradito al loro metabolismo. L’ intolleranza può essere dunque il sintomo di una reazione dell’organismo a cibi comuni, insospettabili, ma che costituiscono uno stimolo tossico capace di dare luogo a numerosi problemi. Quando questi cibi sono assunti a lungo e in quantità elevate, creano un accumulo di sostanze sgradite che danno luogo ai vari disturbi. L’organo coinvolto in questo processo è in primo luogo l’intestino, che recepisce alcuni cibi come “tossici”, coinvolge il sistema immunitario e scatena le reazioni infiammatorie
Le intolleranze sono la reazione dell’intestino ad alcune tipologie o categorie di alimenti .
Le intolleranze alimentari sono una reazione lenta, subdola e progressiva dell’intestino che non tollera l’ingestione massiccia di certi cibi, come ad esempio il grano, i latticini, le uova, ecc. A differenza delle allergie, le intolleranze si manifestano gradualmente e non in modo violento, e sono sempre associate alla quantità dell’alimento che viene ingerita.
I sintomi: non si manifestano subito dopo l’ingestione del cibo ma possono affiorare col tempo. Sono soprattutto problemi gastrointestinali, dermatologici o , più raramente , respiratori.
La diagnosi: Il LABORATORIO BIALLO mediante un semplice prelievo ematico , esegue un test basato su un pannello di 108 o 216 alimenti.
CELIACHIA
La celiachia è un’intolleranza alimentare al glutine, una proteina presente nel grano, nella segale e nell’orzo. La celiachia si presenta come un’infiammazione cronica dell’intestino Tenue provocata dall’ingestione di glutine da parte di soggetti geneticamente predisposti.
I sintomi di celiachia variano molto a seconda dei soggetti. Si va dal gonfiore/dolore addominale e diarrea profusa, a stanchezza cronica con costante sensazione di debolezza e mancanza di energia. Si possono inoltre verificare altri sintomi come l’iponutrizione e perdita di peso e l’anemia.
La diagnosi di celiachia prevede un iter diagnostico che inizia con appositi esami del sangue che vengono prescritti dal proprio medico. Gli esami degli anticorpi della celiachia possono essere prescritti anche a soggetti asintomatici ma che hanno parenti stretti affetti.
Gli esami del sangue per la celiachia misurano la concentrazione di alcuni specifici anticorpi presenti nel sangue e i più comuni sono i seguenti:
- Anticorpi anti-tranglutaminasi tissutale (tTG), di classe IgA. È il primo esame ad essere prescritto per valutare la presenza della malattia. In alternativa, se il paziente ha carenza o assenza di IgA, può essere prescritta la classe IgG di questi stessi anticorpi. Se gli anti-tTG, IgA o IgG risultano positivi, allora il test può essere riutilizzato successivamente per monitorare i risultati del trattamento: eliminando il glutine dalla dieta, la concentrazione di anticorpi deve diminuire.
- Anticorpi anti-gliadina deamidata (anti-DGP), IgA o IgG. Questi esami vengono richiesti insieme o dopo gli anti-tTG, poiché possono risultare positivi nei soggetti celiaci che non hanno anti- tTG (situazione che si verifica spesso in bambini celiaci con meno di due anni d’età).
- Anticorpi anti- endomisio (EMA)
CALPROTECTINA
La calprotectina è una proteina che lega sostanze come il calcio e lo zinco. Nell’organismo si trova quasi ovunque, ma è presente soprattutto all’interno dei globuli bianchi chiamati granulociti neutrofili
In caso di infiammazione del tratto gastrointestinale, i globuli bianchi vengono richiamati nell’intestino e lì rilasciano i mediatori chimici dell’infiammazione e la calprotectina. Di conseguenza, la concentrazione di calprotectina nelle feci aumenta.
All’interno dei globuli bianchi, la calprotectina ha anche un’elevata attività antimicrobica, contrastando la crescita di batteri e funghi. Pertanto può essere considerata un marcatore indiretto di infiammazione intestinale.
La misura della calprotectina fecale può essere richiesta in presenza di sintomi tipici di una infiammazione gastrointestinale: diarrea o diarrea emorragica, crampi o dolori addominali, febbre, perdita di peso, emorragia rettale, debolezza.
Dal momento che questi sintomi sono presenti anche in malattie intestinali non infiammatorie, la presenza di una infiammazione o di un’infezione a livello intestinale, può essere valutata con il rilevamento di un’aumentata concentrazione di calprotectina nelle feci.
Alte concentrazioni di calprotectina nelle feci si riscontrano soprattutto nelle malattie infiammatorie croniche dell’intestino come il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, rendendo questa proteina utile come indicatore di infiammazione.
In questi casi il clinico richiede di solito accertamenti più approfonditi come un esame endoscopico o l’ecografia dell’addome.
Per quei pazienti già diagnosticati con malattie infiammatorie croniche dell’intestino, l’esame può essere utile per valutarne la gravità, per un sospetto di riacutizzazione, per controllare l’andamento della malattia nel tempo.
Un aumento di calprotectina fecale si può verificare anche in alcune infezioni di origine batterica (eseguire contemporaneamente una coprocoltura).
In questo caso si avrà una diminuzione della concentrazione di calprotectina nel momento in cui si concluderà l’infezione stessa.
Un’altra causa di aumento sono i tumori dell’apparato digerente: in particolare l’associazione del dosaggio della calprotectina alla ricerca del sangue occulto nelle feci, aumenta la sensibilità come test di screening per il carcinoma colon-rettale.
INTOLLERANZA AL LATTOSIO
Si definisce intolleranza al lattosio, o più correttamente, maldigestione di lattosio, una condizione caratterizzata da disturbi gastrointestinali che insorgono dopo l’ingestione di alimenti contenenti questo zucchero, generata dalla mancata produzione da parte delle cellule intestinali del duodeno dell’enzima lattasi deputato alla scissione del lattosio in glucosio e galattosio che sotto questa forma possono essere assorbiti.
Non si tratta, come alle volte discorsivamente si può riferire, di un’allergia: le eventuali allergie al latte sono infatti sostenute da particolari proteine contenute nello stesso.
l Breath Test, termine anglosassone italianizzabile in Test del respiro, rappresenta un prezioso ausilio nella diagnosi di intolleranze alimentari e sindromi da malassorbimento. Questi disturbi dipendono dalla mancata digestione e/o assorbimento di particolari nutrienti assunti con la dieta; lampante è l’esempio dell’intolleranza al lattosio, disturbo assai diffuso in cui l’ingestione di latte e derivati porta ad episodi di flatulenza, distensione addominale, diarrea e dolori più o meno intensi al basso ventre, spesso aspecifici e di non facile inquadramento diagnostico (perché comuni anche a malattie come la celiachia, la rettocolite ulcerosa e la sindrome del colon irritabile). Il breath test all’idrogeno dopo somministrazione per via orale di lattosio è un esame semplice, affidabile e non invasivo, utile per la diagnosi di intolleranza al lattosio: per questo è oggi considerato il gold standard.
Il lattosio, zucchero caratteristico del latte e dei latticini, è un disaccaride composto dall’unione dei due monosaccaridi: glucosio e galattosio. Affinché il lattosio possa essere assorbito dai villi intestinali, tale legame dev’essere necessariamente scisso, liberando i due monosaccaridi che vengono poi assorbiti a livello digiuno-ileale (tratti intermedi e finali dell’intestino tenue). Artefice di tale evento è l’enzima lattasi, predisposto appunto alla digestione del lattosio. Purtroppo, una buona fetta della popolazione italiana (30-40% circa) presenta quantità molto basse di lattasi nel proprio intestino; di conseguenza il lattosio non viene digerito e prosegue il proprio transito intestinale senza essere assorbito.
Una volta che il lattosio non assorbito raggiunge il colon, la flora microbica locale lo fermenta con produzione di gas (idrogeno, metano, ed anidride carbonica), dando origine ai tipici fenomeni dell’intolleranza al lattosio (meteorismo, flatulenza, nausea e dolori crampiformi).Parte di questi gas viene riassorbita dalla mucosa del colon, quindi trasportata dal sangue venoso sino agli alveoli polmonari ed eliminata con la respirazione; ecco quindi che rilevando la quantità di idrogeno nell’aria espirata dal paziente è possibile diagnosticare l’intolleranza al lattosio.
BREATH TEST PER HELICOBACTER PILORY
I sintomi più immediati sono dolori, nausea, bruciore. L’Helicobacter è un batterio molto silenzioso, che agisce lentamente e che ci mette anche 10/15 anni a danneggiare lo stomaco anche in modo irreversibile. Ad un primo aspetto, alcuni disturbi dello stomaco sembrano causati da stress, fumo, alcol, alimentazione scorretta, abuso di cibi particolarmente lavorati, o di antinfiammatori. Questi disturbi potevano spiegare la comparsa di gastriti e ulcere. Poi negli anni recenti, intorno agli anni ’80, vi furono delle scoperte che misero in luce un microrganismo in grado di insinuarsi nella mucosa gastrica e di rosicchiarla, indebolirla, fino a procurare lesioni vere e proprie. Il batterio scoperto – Helicobacter Pylori – poteva, e anzi, riusciva a vivere solo in un ambiente acido, protetto da uno strato di muco nello stomaco, resistendo all’azione distruttiva dei succhi gastrici. Il 90% delle gastriti, le ulcere peptiche e i casi tumori allo stomaco sono proprio causati da questo batterio: Helicobacter Pylori. Bisogna essere attenti a capire i sintomi della presenza del batterio e quando sottoporsi ad un test, per non trascurare i segnali . Si inizia con mal di stomaco che può apparire banale e solo passeggero. Poi compare il problema della digestione, il senso di pesantezza, la pancia gonfia, la nausea, bruciori e languori. Se il test risulta positivo , sarà opportuno consultare un gastrenterologo. E’ fondamentale prendere in tempo delle precauzioni perché con la maggiore età (dai 55 anni e oltre) il rischio di tumore allo stomaco è anche maggiore
I test per scoprire la presenza del batterio sono l’Urea Breath Test e quello delle feci. Due esami non invasivi, semplici da eseguire e molto affidabili.
Il test sul respiro – Urea Breath Test
Si soffia in una provetta, l’espirato viene raccolto. Si beve poi una soluzione – l‘urea – che se c’è il batterio reagirà con ureasi – enzima prodotto dal batterio, sciogliendo l’urea in anidride carbonica. Dopo mezz’ora bisognerà soffiare nuovamente nella provetta e se nel fiato vi sono tracce della soluzione ingerita, di urea e anidride carbonica, il batterio Helicobacter c’è!
In caso di positività , dopo la terapia, ci si sottopone nuovamente al test (dopo 4 settimane dalla fine della terapia) per verificare la condizione di salute.
MICROBIOTA INTESTINALE
Il microbiota intestinale è l’insieme dei microorganismi che risiede nel nostro tratto gastrointestinale presentando caratteristiche di unicità per ogni individuo. Il patrimonio genetico (microbioma) che esso esprime è molto più vasto di quello umano risultando indispensabile nel mantenimento della nostra salute attraverso l’esercizio di funzioni fisiologiche e metaboliche che altrimenti non saremmo in grado di svolgere in autonomia. Tra queste troviamo ad esempio la digestione degli alimenti, la produzione di metaboliti e il controllo del corretto funzionamento del sistema immunitario.
Le situazioni in cui più spesso viene consigliato l’esame del microbiota sono:
- Insorgenza e/o persistenza di sintomi intestinali o urogenitali di lieve o moderata entità (coliti, diarree ricorrenti, stipsi, cistiti, uretriti ecc.) nell’ottica di prevenire il decorso in eventuali patologie vere e proprie
- Sovrappeso e obesità per integrare piani nutrizionali mirati a un sano controllo del peso
- Infanzia e vecchiaia per favorire una corretta maturazione batterica nel primo caso e limitare gli effetti tipici dell’invecchiamento quali depressione immunitaria e l’instaurarsi di processi infiammatori nel secondo
- Gravidanza e allattamento per sostenere lo sviluppo microbico del neonato
- Nelle fasi iniziali della menopausa per affrontare meglio i cambiamenti metabolici e ormonali
- Necessità nutrizionali specifiche. Per chi pratica ad esempio un’attività sportiva particolarmente intensa o a livello agonistico può essere importante conoscere il livello di efficienza metabolica del proprio microbiota anche per migliorare le performance adottando un regime alimentare personalizzato
Un microbiota sano contribuisce a rafforzare le difese immunitarie e potenziare le energie fisiche e mentali, gioca un ruolo fondamentale nella digestione e nell’assorbimento degli alimenti. L’equilibrio del microbiota è essenziale per gestire il benessere nelle seguenti condizioni:
- Disturbi digestivi / intestinali
- Sovrappeso / controllo
- del senso di fame e sazietà
- Gravidanza / allattamento
- Menopausa / osteoporosi
- Produzione di energia / sviluppo del muscolo
- Disturbi della pelle
- Ansia, stress, insonnia
- Eseguiamo myBIOME , l’unico test genetico del microbiota che analizza il 100% dei microrganismi del nostro intestino.
INSULINO-RESISTENZA
Si parla di insulino-resistenza quando le cellule dell’organismo diminuiscono la propria sensibilità all’azione dell’insulina; ne consegue che il rilascio dell’ormone, in dosi note, produce un effetto biologico inferiore rispetto a quanto previsto.
Ricordiamo, brevemente, che l’insulina è un ormone essenziale per consentire il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule , impedendo che la sua concentrazione ematica si alzi oltre certi limiti.
In risposta all’insulino-resistenza, l’organismo mette in atto un meccanismo compensatorio basato sull’aumentato rilascio di insulina; si parla, in questi casi, di iperinsulinemia, cioè di elevati livelli dell’ormone nel sangue. Se nelle fasi iniziali questa compensazione è in grado di mantenere la glicemia a livelli normali in uno stadio avanzato le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina non riescono ad adeguarne la sintesi; il risultato è un aumento della glicemia post-prandiale.
Nella fase conclamata, infine, l’ulteriore riduzione della concentrazione plasmatica di insulina – dovuta al progressivo esaurimento delle beta-cellule pancreatiche – determina la comparsa di iperglicemia anche a digiuno.
Il tessuto muscolare rappresenta la sede principale dell’insulino-resistenza periferica; tuttavia durante l’attività fisica questo tessuto perde la sua dipendenza dall’insulina ed il glucosio riesce ad entrare nelle cellule muscolari anche in presenza di livelli insulinemici particolarmente bassi.
Le cause dell’insulino-resistenza sono numerose.
L’insulino-resistenza può essere causata da fattori ormonali
Possono esistere, inoltre, cause genetiche provocate da mutazioni del recettore insulinico.
Oltre alla componente ereditaria, nella maggior parte dei casi l’insulino-resistenza interessa soggetti colpiti da malattie e condizioni come ipertensione, obesità (in particolare quella androide od addominale), gravidanza, steatosi epatica, sindrome metabolica e dislipidemia (elevati valori di tigliceridi e colesterolo LDL associati ad una ridotta quantità di colesterolo HDL). Tali condizioni, associate alla componente genetica, rappresentano anche possibili cause/conseguenze dell’insulino-resistenza e sono importanti per la sua diagnosi.
Nella pratica clinica si valutano le concentrazioni plasmatiche di glucosio e di insulina a digiuno; un quadro più completo si ha eseguendo la classica curva glicemica e insulinemica .
Il trattamento più efficace per l’insulino-resistenza è dato dalla pratica di regolare attività fisica, associata al dimagrimento e all’adozione di una dieta basata sulla moderazione calorica e sul consumo di alimenti a basso indice glicemico. Alcuni farmaci utilizzati nella cura del diabete, come la metformina, si sono dimostrati efficaci anche nel trattamento dell’insulino-resistenza; tuttavia è molto importante intervenire prima di tutto sulla dieta e sul livello di attività fisica, ricorrendo alla terapia farmacologica solo quando le modifiche dello stile di vita non sono sufficienti.
DISBIOSI TEST
Il microbiota intestinale è l’insieme dei microorganismi che risiede nel nostro tratto gastrointestinale presentando caratteristiche di unicità per ogni individuo. Il patrimonio genetico (microbioma) che esso esprime è molto più vasto di quello umano risultando indispensabile nel mantenimento della nostra salute attraverso l’esercizio di funzioni fisiologiche e metaboliche che altrimenti non saremmo in grado di svolgere in autonomia. Tra queste troviamo ad esempio la digestione degli alimenti, la produzione di metaboliti e il controllo del corretto funzionamento del sistema immunitario.
Le situazioni in cui più spesso viene consigliato l’esame del microbiota sono:
- Insorgenza e/o persistenza di sintomi intestinali o urogenitali di lieve o moderata entità (coliti, diarree ricorrenti, stipsi, cistiti, uretriti ecc.) nell’ottica di prevenire il decorso in eventuali patologie vere e proprie
- Sovrappeso e obesità per integrare piani nutrizionali mirati a un sano controllo del peso
- Infanzia e vecchiaia per favorire una corretta maturazione batterica nel primo caso e limitare gli effetti tipici dell’invecchiamento quali depressione immunitaria e l’instaurarsi di processi infiammatori nel secondo
- Gravidanza e allattamento per sostenere lo sviluppo microbico del neonato
- Nelle fasi iniziali della menopausa per affrontare meglio i cambiamenti metabolici e ormonali
- Necessità nutrizionali specifiche. Per chi pratica ad esempio un’attività sportiva particolarmente intensa o a livello agonistico può essere importante conoscere il livello di efficienza metabolica del proprio microbiota anche per migliorare le performance adottando un regime alimentare personalizzato
Un microbiota sano contribuisce a rafforzare le difese immunitarie e potenziare le energie fisiche e mentali, gioca un ruolo fondamentale nella digestione e nell’assorbimento degli alimenti. L’equilibrio del microbiota è essenziale per gestire il benessere nelle seguenti condizioni:
- Disturbi digestivi / intestinali
- Sovrappeso / controllo
- del senso di fame e sazietà
- Gravidanza / allattamento
- Menopausa / osteoporosi
- Produzione di energia / sviluppo del muscolo
- Disturbi della pelle
- Ansia, stress, insonnia
- Eseguiamo myBIOME, l’unico test genetico del microbiota che analizza il 100% dei microrganismi del nostro intestino.